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Ivan Gotti
scheda tecnica
Il piccolo uomo del Giro ha misure e numeri assolutamente normali: a iniziare dal suo fisico asciutto e brevilineo. 173 cm di altezza per 60 kg (ma anche meno) di peso e solo il 4% di grasso. Praticamente uno scricciolo che ha però un cuore da 48 battiti a riposo e da 175 battiti alla soglia, 190 la punta massima. La pressione è 70-120, la sua capacità polmonare viaggia sui 6 litri con potenza alla soglia di 420 watt. Ecco i numeri del campione di San Pellegrino che è entrato fra i professionisti nel 1990 ma le vittorie in carriera non completano le dita di una mano: 4 in tutto, che sono però i 2 Giri d'Italia (1997 e 1999) e gli unici 2 successi "in linea" (sempre al Giro), il primo all'Aprica nel 1996 e il secondo a Cervinia nel 1997. Oltre alla maglia rosa, vestita per 11 giorni (9 nel 1997 e 2 nel 1999), e quella gialla, uno spruzzo di colore che gli è rimasto addosso per 2 bellissime giornate nel Tour del 1995. Un piccolo uomo dedito al ciclismo, che lascia gli studi tecnici serali per seguire l'attività agonistica, convinto che prima o poi un posto fra i grandi ci sarà anche per lui. Anche se il fisico non promette nulla: "È troppo fragile, troppo minuto e non può sopportare grossi carichi di lavoro", dicono gli esperti. Il suo pane sono le salite: "Da dilettante ho battuto anche Pantani", più che una dichiarazione è un bisbiglio, che però ha una sua logica: "E questo fatto mi è servito, fra gli altri, per insistere. Nei momenti più duri mi dicevo, se ci è riuscito lui, allora posso farcela anch'io". Pochi modelli ispiratori, due su tutti: Miguel Indurain e Bernard Hinault.
Pochi anche i cedimenti alla gola, ligio a una dieta ferrea che è un po' il suo segreto: crostate di mele e marmellata, l'unico extra, per il resto pasta in bianco eventualmente al pomodoro e riso alle verdure. Rari i sorsi di vino, per lo più spumante quando c'è da brindare e proprio non se ne può fare a meno. E per il resto, latte di soia e acqua naturale (nemmeno il tradizionale tè). Naturale come Ivan, campione semplice e dedito alla sua passione, ordinato e preciso quando rientra in camera dopo le tappe di Giro e Tour: dopo i massaggi riversa i suoi dati dal cardiofrequenzimetro al computer portatile e poi scrive, annota le sue impressioni. Da rileggere e capire a mente fredda qualche giorno più tardi. "La testa c'è, il lavoro è tanto e non gli fa paura, ma anche il fisico e la tecnica non mancano". Sono le impressioni di un grande del passato come Felice Gimondi.
Il campione di Sedrina con Gotti si è più volte emozionato: "Notai da subito la bella posizione in bicicletta, ma anche la predisposizione alle gare a cronometro e la grinta nell'aggredire le salite. Un piccolo gioiello che mi ha emozionato a partire da quei due giorni in maglia gialla al Tour". Gimondi è stato uno dei primi tecnici a credere nel futuro di questo corridore. Ha visto bene e pronosticato - quando non erano molti a crederci - le sfide Gotti-Pantani lungo le strade delle grandi corse a tappe. Gotti ha ricambiato tanta fiducia, correndo fra l'altro con la Bianchi di Gimondi proprio il Tour del 1995. E su quelle strade, dove Gimondi è stato l'ultimo vincitore della Grande Boucle (prima del trionfo di Marco Pantaninel 1998), sono arrivati i primi segnali importanti. "Risultati che non sono arrivati per caso" continua Gimondi, "era già da qualche anno che si faceva notare per le sue qualità, solo che spesso è stato fermato da piccoli grandi guai. Ma ha avuto forza e coraggio di credere in se stesso".
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